Per cogliere il "genius loci" della parte alta dell’isola d’Ischia conviene partire dai racconti di Nino Caparossa, all’anagrafe Giovanni Antonio Mattera, che qualche anno fa ha scritto "Merecoppe-Storie di miseria e grazia nelle terre d’Ischia", libro che descrive in cinque brevi racconti le credenze e la "visione del mondo" dei contadini di Serrara Fontana.
Da lì, oppure dalla prefazione al "Principe di Cavascura", libro d’esordio di un altro scrittore locale, Giovanni Angelo Conte. Prefazione firmata da Gianni Mura, noto giornalista sportivo, anch’egli scrittore e, soprattutto, profondo conoscitore dell’isola d’Ischia. Scrive Mura:
"Cavascura è uno dei luoghi più spiazzanti dell'isola d'Ischia. Più ci si allontana dal mare, l'ultimo pezzo della spiaggia dei Maronti, chiuso all'altra estremità dalle Petrelle, più sembra di essere in Cappadocia. Guglie, pinnacoli disegnati dal vento, pareti a picco piene di nidi degli uccelli. Ugualmente a picco, con pendenze da vertigine (o da paura) la stradina sterrata che porta su, a Serrara Fontana. Non è qui che troverete molti turisti, più attratti da altre e varie mondanità. Cavascura è un luogo diviso tra la solarità delle ginestre e il buio delle grotte. Non ci sono chiese rupestri come in Cappadocia, ma abitazioni rupestri sì, e testimoniano che in anni non così lontani gli uomini si nascondevano nelle tane, come le bestie."
La somiglianza è quindi con la Cappadocia, specie con gli ambienti del Göreme National Park e, se non ci credete, anziché risalire il sentiero dalla spiaggia dei Maronti potete fare il percorso inverso da Noia fino alle antiche terme di Cavascura. Lungo il sentiero, i celebri Pizzi Bianchi, i pinnacoli disegnati dal vento dì cui parla Mura.