"Chiunque dia importanza al tempo, non ha la speranza di catturare il genius loci". Così lo scrittore inglese Norman Douglas (1868 - 1932) a proposito del suo viaggio a Ischia, nel 1931.
Cosa voleva dire con esattezza? Ribadiva quel che tutti sanno e cioè che la fretta è nemica della conoscenza. Sempre. A maggior ragione quando si tratta di approfondire le caratteristiche architettoniche, sociali e culturali di un territorio assai variegato come l’isola d’Ischia.
Una delle prime cose che balzò agli occhi dell’autore di "Vento del Sud" e "Vecchia Calabria" fu la diversità caratteriale tra ischitani e capresi. I primi ancora con una "propria e specifica personalità" seppur "privi dell’omogeneità sanguigna della gente vesuviana". I capresi che invece "hanno perso ogni stile ed impronta diventando veri parassiti dei forestieri, alle cui spalle prosperano". Parole di un amante deluso, di un uomo che forse in quel momento si sentiva tradito dalla "sua" Capri, isola in cui visse molti anni e dove morì nel 1952.
Poco dopo, infatti, queste le parole utilizzate per rendere le differenze economiche tra gli abitanti delle due isole: "Gli ischitani sono poveri (...) pochi di loro sono proprietari del terreno che coltivano; anche in questo senso si distinguono dai contadini capresi - parecchi dei quali sono almeno tre volte più ricchi dei forestieri che visitano le loro umili casette".